Tempus fugit: Ian Curtis (1956 – 1980)
“Essi non vivono; ma sono vissuti.” (O. Wirth)
Ci sono momenti di pausa come
coltellate che lacerano il drappo del dolore.
Ci sono le sabbie mobili dell’amore,
quell’amore che ci strazierà ancora una volta.
Ci sono fantasmi che vendono a buon
mercato ricordi di Ian Curtis.
Come se il suicidio non fosse
quotidiano.
Finchè riusciamo ad ascoltare il futuro
come preludio alla sinfonia che abbiamo nel cuore, ne tolleriamo anche le
dissonanze.
Da dove viene il ritmo che guida la
danza?
Un ideale di vita.
Ci sono persone che non riusciranno mai
a uscire dall’inferno della loro mente.
Ian Curtis si è impiccato nella cucina
di casa sua il 18 maggio del 1980. All’alba di una nuova alba che sta per
svanire.
Dall’altra parte della strada, una
casa. Grigia.
La paralisi dell’inizio. Questa è la
crisi che sapevo sarebbe arrivata.
Buttare lo sguardo qua e là per
cogliere dettagli, particolari.
Bel cielo azzurro che sfuma nel bianco
che sfuma nel grigio. Macclesfield.
Quietati, cuore. Tra poco, tra poco
sarà finita.
Gli occhi vedono solo l’invisibile: ignoti
piaceri.
Raffiche di banalità. Dovrei farmi la
barba?
Attesa. Ansia. Angoscia. Il momento di
decidere.
Ma io non ricordo nulla. Eccetto i miei
fallimenti.
Basta creare momenti per non decidere.
Infilarsi in una crepa dello
spazio-tempo e vedere tutto più chiaramente.
Ci sono momenti di pausa come
coltellate che lacerano il drappo del dolore.
La ribellione è una condanna.
Un abisso che abisso è rimasto. Nell’abisso
tu sei rimasto.
Il palcoscenico della vita è troppo
vasto, con troppe luci.
Non era lei ad aver perso il controllo
e ora tu stai in mezzo al pubblico che sta guardando una versione di te sul
palco.
Devi applaudire all’esposizione di
tutti i tuoi fallimenti, all’esibizione delle atrocità.
Dovevi trovare il tuo destino prima che
fosse troppo tardi.
Ma è sempre troppo tardi.
La temperatura è mite: non si sta male
e non si sta bene.
La verità che è che ti stai fottendo di
paura, ma hai già deciso.
Cuore e anima sono solo abitudini. Uno dei
due brucerà.
Avvicinatevi. Per di qua, entrate
24 ore e poi l’eterno.
Siamo tutti detriti di passaggio,
appunti sbavati su un foglio di carta.
Sono più di tre decadi che bussiamo
alle porte delle stanze più oscure dell’inferno.
Ma tu – tu non hai aperto e l’amore ci
ha separati di nuovo.
Un giorno moriremo nei tuoi sogni.
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